Artist statement

Artist statement

I want to take the little signs of life, day after day. I'm not interested in macro-systems. I like the unpredictable, small, infinite signs of everyone's life.

Sometimes, the artistic project is an open job that involves people in the creative process. Sometimes it is a work in progress, and its exposure is part of the project.

Therefore, the artistic project can also be a silent communication, a light interaction between the artist and the surrounding people, and different results of the same artistic project are foreseen, when people and context are changed.

Some of my works are reflections on the inner world of human beings. Art, through images, often simple, is able to exorcise pain through its externalization.

Photography is my way of giving importance to the signs of life, looking at people and talking to people. Photography is my language and my photographs are often merged with words. Photography is my way of giving time to the imperceptible. Photography is my way of showing what is not seen.

Since 2012 I have started to create installations and to paint, using different materials on plexiglass, fabrics, tissue papers, photographs and transparent colors for glass.
I love transparent and light materials, ductile and evocative that let others imagine, beyond oneself.

I love everything that appears liquid and that refers to the concept of memory and fluidity, so I love to use different media, to make the idea of change inherent in the evolution of artistic research itself.
I include small objects, images, short texts, memoirs, Ariadne's threads and all that is useful for reconstructing the plots of a life in constant change.



Poetica

Col mio lavoro voglio cogliere i piccoli segni che la vita ci pone dinanzi giorno per giorno, non i macrosistemi, ma quelli piccoli e insieme infiniti (perché imprevedibili) legati alla vita di ognuno.
Alcune volte mi interessa coinvolgere le persone nel procedimento creativo di opere aperte, attraverso il disegno, la scrittura o la partecipazione effettiva alla manifestazione dell'opera. 
Il progetto diviene progetto in crescita man mano che viene vissuto e il lavoro continua ogni volta che viene esposto, divenendo parte di una comunicazione lieve e silenziosa vissuta ogni volta in modo diverso.
Alcune delle mie opere sono riflessioni sul mondo interiore degli esseri umani. L'arte, attraverso immagini, spesso semplici, è in grado di esorcizzare il dolore attraverso la sua  esternazione.
La fotografia è il medium idoneo per registrare segni, cogliere sensazioni e impressioni fugaci, oppure per documentare un'opera dalla breve durata. 
La fotografia spesso è anche il modo più semplice per trasmettere qualcosa. 
Dal 2012 ho ricominciato a realizzare installazioni e a dipingere, utilizzando materiali di diverso tipo su plexiglass, stoffe, carte veline, fotografie e colori trasparenti per vetro. 
Amo i materiali trasparenti e leggeri, duttili ed evocativi che lasciano immaginare altro, oltre se stessi, amo tutto ciò che appare liquido e che rimanda al concetto di memoria e fluidità, per questo amo utilizzare media diversi, per rendere l'idea del cambiamento insita nell'evoluzione stessa della ricerca artistica. 
Includo piccoli oggetti, immagini, brevi testi, memorie, fili di Arianna e tutto ciò che è utile per ricomporre le trame di una vita in continuo mutamento. 


Lo specchio è chiaro 
e terso
tra i fiori di neve. 

Basho (1644-1694)

Fotografie coma haiku e pensieri come fotografie. 
Scrivo abitualmente ed ho un rapporto costante con le parole, anche nei miei lavori fotografici, che spesso ritraggono azioni ed eventi minimi. 
Il dittico “Le spine”, presentato in altri casi anche come trittico, è in realtà un evento minimo, progettato anche come video, ed è accompagnato dalla frase: “Le spine racchiuse non pungono, se apri la mano si staccano”. 
La frase contiene in se il senso delle immagini, in modo semplice e sintetico, non toglie nulla all’azione. 
Affianca le immagini completandole.
Anni fa, all’inizio degli anni ottanta, pensavo a dei lavori che non fossero soltanto autobiografici. 
Erano gli anni di Piazza Tiananmen, poi della caduta del comunismo all'Est, tangentopoli, il governo di destra... tutto strideva, ed il mio lavoro anche, era uno stridio continuo, ed io ero perennemente in contrasto con tutto e tutti. 
Avevo in mente le persone, come esseri sofferenti. 
A quei tempi, studiavo l'arte concettuale e l'arte povera, e così i lavori progettati risentivano delle mie letture, (Celant, Migliorini), e dei miei interessi artistici (la land Art, l'arte povera). 
Volevo dire delle cose fondamentali usando poche immagini e poche parole, e così usavo degli oggetti primari, dei simboli vitali, come l'acqua, i sassi, e oggetti archetipici, come le chiavi e gli anelli, tutto racchiuso in spazi elementari, scatole, teche. 
La luce era importante, a volte era colore, bianco e azzurro, a volte vetro, oppure polvere, come tempera azzurra.
E' passato diverso tempo da allora. 
Ora cerco di rendere evidenti dei pensieri più miei, nel senso, che non sono più metafore di emozioni universali, ma piuttosto metonimie, parti per il tutto. 
Ho raggiunto la certezza che alla fine il soggetto, come essere singolo, è l'essenza, e le sue emozioni,
i suoi sentimenti, dicono e possono "presentare" i sentimenti degli esseri umani, perciò credo che il frammento come figura, sia l'ideale, (“Vorrei aprire”, 2002).
Siamo tutti dei frammenti unici e mi sto accorgendo che i pensieri autobiografici non sono sempre intimistici. 
Ho il terrore di fare un'arte solo intimista, e non mi interessa, allora il frammento deve essere particolare, essenziale, e deve dire, parlare come una poesia breve, un Haiku. 
I pensieri devono potersi esprimere tramite azioni sintetiche, minime. 
E' questo che cerco, un'arte che esprima e comunichi il mio pensiero asettico e luminoso, in modo incisivo. 
Allo stesso modo le immagini devono essere come delle frasi brevi che contengano un significato. 
Continuo a pensare che il mondo sia sovraccarico di immagini, e credo che Baudrillard avesse ragione quando ha scritto che prima o poi, ci sarebbe stata un'inversione di tendenza attraverso la sparizione.
Sparizione non degli esseri, o delle immagini, impossibile, sparizione dell'eccesso, del di più. Io l'ho interpretato così il suo concetto. 
Fotografia, parole e video sono i media che preferisco per dare forma ai miei pensieri.
Spesso preferisco la sequenza di immagini al video, composta come story-board degli eventi (la serie “Disastri”, “Zucchero”, “Corrente”, “Strage”).
Non credo di essere originale, ma non mi interessa, piuttosto vorrei essere incisiva e colpire (anche al cuore) chi osserva i miei lavori. 

(Loretta Zaganelli, 2003)



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